del Sac. Giuseppe Lentini
Introduzione
La parola sinodo, ἡ σύνοδος, composta da σύν che significa “con, insieme” e ὁδός che significa “strada, percorso, metodo”, ha come significato: “incontro; riunione; convegno; adunanza; assemblea, scontro, relazione”, principalmente usato in latino in ambito ecclesiastico per indicare una riunione religiosa fatta da presbiteri o vescovi. Sinonimo di concilio, nell’antichità era usato indistintamente, ma veniva specificato attraverso degli attributi se riguardava tutta la Chiesa (ecumenico); o di una parte sostanziale di essa, come un regno o l’impero (generale); di una regione ecclesiastica (provinciale); o di alcune sole diocesi (metropolitano); o del Patriarca/Esarca con tutti i vescovi metropolitani e di tutte le diocesi che fanno capo ad esso (patriarcale).
Nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni, poi si è usato il termine concilio per le convocazioni di tutti i vescovi insieme al Papa, in occidente, e di tutti i vescovi con il patriarca di Costantinopoli, in oriente, mentre per sinodo si è inteso un gruppo di vescovi, o il vescovo con i presbiteri della sua Diocesi, riuniti per discutere di argomenti importanti, per lo più dottrinali, e per prendere provvedimenti disciplinari ed ordinare la vita religiosa, liturgica e sacramentale della diocesi o provincia ecclesiastica.
I Sinodi diocesani a differenza degli altri, nascono molto tardi, verso il VI sec., nei primi tempi della Chiesa il sinodo o consiglio permanente ed unico del vescovo era il Capitolo o Presbiterio, ossia Preti e diaconi delle cattedrali. Il vescovo anticamente non faceva nulla d’importante senza sentire il parere dei suoi Canonici.
Alla fine del VI secolo, quando divennero meno frequenti concilii provinciali, cominciarono i Sinodi diocesani, i quali nacquero dalla volontà dei vescovi, che radunavano il loro clero “per pubblicarvi le leggi stabilite nel concilio provinciale, per ammonire gli ecclesiastici circa i loro doveri e dell’osservanza delle leggi, per capire come erano osservate le leggi dei concilii anteriori, e per esaminarvi preti sulla scienza, sul costume, e sulle cose del loro uffizio, per istruirli come loro padre e maestro” (Moroni). Così nel sinodo di Agrigento del 1610 Mons. Bonincontro alludeva esplicitamente al vecchio carattere giudiziario del sinodo, che aveva come obiettivi “moderari mores, corrigi excessus, controversias componi”.
Sinodi in Sicilia
Circa i sinodi dei vescovi siciliani durante il periodo antico e quello normanno-svevo possediamo notizie più o meno attendibili, ma non ci sono pervenuti i testi o le determinazioni.
Il concilio di Costanza del 1414 e quello di Basilea del 1433, che prescrivevano che si tenessero ogni anno i sinodi diocesani, ebbero poca efficacia in Sicilia. Abbiamo solamente notizia di quattro sinodi celebrati quasi un secolo dopo queste prescrizioni: quelli in Agrigento del 1510, se davvero fu fatto, come si rileverà dopo, e quello del 1537, due a Catania del 1524 e 1533 e quello di Patti del 1536. Questi possono considerarsi il frutto dei grandi concili riformatori del quattrocento.
“Soltanto dopo il 1553 si esplica la vera attività dei sinodi siciliani e comincia una serie quasi continua di costituzioni sinodali. Questa fioritura di testi sinodali si deve all’influenza esercitata dal Concilio di Trento” (Savagnone).
Frutto del Tridentino fu anche l’opera legislatrice di S. Carlo Borromeo, che in vent’anni (1564-1584) celebrò nella Diocesi di Milano cinque concili provinciali ed undici sinodi diocesani. Il suo esempio e la sua opera esercitò una grande influenza sul diritto sinodale siciliano, come rileviamo nel sinodo di Agrigento del 1655, nel quale furono recepite integralmente le “Monitiones Sancti Caroli Borromei ad Canonicos” (Const. Sanchez de Cuellar, 100), così pure nel successivo sinodo agrigentino del 1703 (Const. Ramirez, 60).
Per quanto immensa sia stata l’influenza del Concilio di Trento, pure in Sicilia, come del resto dappertutto, non fu osservata la norma, che prescriveva la riunione annuale del sinodo diocesano, e per ben tre secoli, dal 1500 al 1800, non si tenne in Sicilia alcun concilio provinciale.
Sebbene per i sinodi diocesani non vi era alcun obbligo di far approvare le costituzioni e i decreti al Papa, non mancarono vescovi siciliani che sottomisero spontaneamente le loro costituzioni sinodali all’approvazione della Santa Sede. Ad esempio, nella nostra Diocesi, ne troviamo traccia nelle costituzioni del sinodo del 1610, le quali furono dal vescovo Bonincontro dedicate ed inviate al pontefice Paolo V “inde pastoralia mea studia acciperent firmitatem” (Bonincontro, 1).
Partecipanti
I partecipanti al Sinodo e i membri di esso erano sempre e solo parte del clero. Ne abbiamo testimonianza dai partecipanti registrati nei decreti dei vari sinodi. Ad Agrigento, per esempio, nel sinodo del 1610 intervennero 15 canonici, due parroci, 28 arcipreti, 9 curati, 35 vicarii foranei e 21 procuratori del clero diocesano (Bonincontro, 124). In quello del 1630 intervennero il cantore, l’arcidiacono, 12 canonici, i due parroci di Agrigento, 26 arcipreti, 10 curati e parroci, 29 vicarii foranei, 13 procuratori del clero delle città e terre della diocesi, due procuratori di arcipreti, assenti per legittimo motivo, e 3 procuratori di vicarii foranei, pure assenti per legittima causa; in tutto 99 persone (Trahina, 153). Nel sinodo del 1703 intervennero 122 ecclesiastici (Ramirez, 136).
Sinodi Agrigentini
1170 ? Come già detto del periodo antico abbiamo poche notizie di sinodi celebrati e nessun decreto. Sappiamo che nel febbraio del 1170 Gentile vescovo di Girgenti concesse ad Ansaldo, castellano del palazzo reale, il permesso di edificare la chiesa della santa Trinità nel bosco di Villanova e di riedificare nella contrada di Refes (Rifesi) in onore di Maria Vergine quella già distrutta di S. Giorgio. Una delle condizioni della concessione fu che “quicumque Abbas prior vel yconomus in prefata ecclesia” dovesse intervenire al sinodo diocesano “Vocatus ad Sinodum canonica fuerit prepedicione detentus, sine nisi dilacione die non differet” (Garufi, 123).
1510 ? Secondo il Narbone il vescovo Giuliano Cibo celebrò un sinodo nel 1510. Egli è l’unico scrittore che parla di questo sinodo, avverte come gli “Acta” del medesimo non esistano (Narbone, Bibliografia sicola sistematica, II, 316). Neanche nell’Archivio Storico Diocesano si trova notizia di tale assemblea.
1537 Dai documenti dell’Archivio, una lettera del 28 gennaio XI ind. 1537, risulta che “li jorni passati, tenendosi et havendosi tenuto et fatto Sinodo”, tutti i Vicari, gli Arcipreti e “cleri” di tutta la Diocesi hanno fatto, “motu proprio et di loro spontanea voluntati, uno dono per suo subsidio di docati chincocento” (ASDA. Atti del Vescovi, Reg. 1536-39, 149v).
Sempre da tali documenti rileviamo che Don Girolamo de Valentinis invitava don Nicola de Abrizano, Vicario e Arciprete di Giuliana, a venire in Corte Episcopale alla vigilia di San Gerlando, insieme a tutti i Canonici prebendati, perché ha intenzione di riunire un sinodo (ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1547-48, 8v).
1567 ? “Lo Scavo attribuisce al vescovo di Girgenti Aloisio Suppa, la celebrazione di un sinodo nel 1567. Egli è l’unico scrittore che ne faccia menzione. Assai verosimilmente la notizia è infondata e si deve ad una erronea interpretazione di un passo del Pirri” (Savagnone).
1572 Il 16 aprile del 1572 il Vicario Generale, per ordine del Vescovo Giovanni Battista De Hogeda, ingiungeva al Capitolo della Cattedrale di Agrigento, di nominare entro l’indomani, “tri o quatro persuni di li reverendi canonici di detto Capitolo per intervenire con li altri di la Diocesi in lo Sinodo Diocesano da celebrarsi in questa cità in la settimana proxima sequente”(ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1571-72, 103v). Questo sinodo diede mandato don Pietro de Alagona e don Alfonso de Ciccarella, “examinatores eletti in Sinodo Diocesana agrigentina” di esaminare alcuni sacerdoti per vedere se erano idonei a reggere le parrocchie da affidare (cfr. ibidem, 227). Probabilmente tale sinodo fu quello a cui fa riferimento un altro documento del 25 giugno 1577 a proposito di un’ingiunzione, dove si richiama una norma stabilita dal Sinodo Diocesano in merito alla licenza di portare armi (ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1576-77, 96).
1582 Successivamente, il Vescovo mons. Lombardo, poiché si doveva applicare il “novo calendario gregoriano”, ordinava con una lettera del 1° settembre 1582 di riunire, la prossima domenica “una congregatione ad effetto di promulgarlo et publicarlo” e allo scopo di discutere del Sinodo Diocesano che, secondo le disposizioni del Concilio Tridentino, dovrebbe essere convocato ogni anno (ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1582-83, 94). Tale calendario fu promulgato dai decreti del Sinodo, tanto che si ordinava il 30 agosto 1583 al Vicario di Racalmuto che “non vogliati mancari con li vostri erari et ministri a continuari in fari guardari et observari li festi conformi al calendario annotato nel nostro Sinodo Diocesano …” (cfr. ibidem, 281). Dello stesso Sinodo abbiamo notizia da una lettera del 27 luglio 1583 che fu “vetato per il nostro Sinodo chi li sacerdoti latini non celebrino a chiesi e al rito greco e cossì chi li greci non la facciano in chiesi latini e rito medesmo …” (cfr. ibidem, 268v).
Altre determinazioni successive, non sappiamo si riferiscano allo stesso Sinodo o ad altri successivi: nel documento del 4 marzo 1586 abbiamo una “Licentia pro apportatione armorum”, concessa al chierico don Pietro Ragliante di Chiusa, malgrado le disposizioni del Sinodo Diocesano (ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1586-87, 75); così anche il 12 settembre 1586 si ordinava al Vicario di Mussomeli di fare in modo che “li sacerdoti et clerichi siano obligati insignarsi di canto”, come stabilito nel Sinodo Diocesano (cfr. ibidem, 192v); poi il 28 aprile 1587 si da licenza all’Arciprete di Giuliana, don Cesare de Anastasio, secondo le disposizioni del Sinodo Diocesano, di portare l’anello al dito (cfr. ibidem, 544).
1589 Il vescovo Didaco Haedo celebrò un sinodo diocesano il 28 maggio 1589 nella cattedrale di Agrigento. Il sinodo contò due sessioni in due giorni consecutivi e ne possediamo i documenti, poiché furono stampati.
Un documento del 29 dicembre 1592 dell’Archivio Storico Diocesano ci informa che “per il Sinodo Diocesano nello capitulo quarto de immunitate ecclesiastica si proibixi non si potiri di novo fabricari nixiuna eclesia nè cappella” e poiché Angelica Palagonia e Camastra per la sua grave infermità non può “uxiri fora di sua casa assentiri li missi” e desidera “nel suo tenimento di casi far construere et fabricare una cappella”, si ordina al Vicario di Naro di fare un sopralluogo e, poi, dare licenza (ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1592-93, 274). Tale indicazione si riferisce sicuramente al precedente Sinodo di Mons. Haedo del 1589 (cfr. Haedo, 134).
1610 Mons. Vincenzo Bonincontro il 23 aprile del 1610 tenne un sinodo diocesano nella cattedrale. intervennero 15 canonici, i due parroci di Girgenti, 28 arcipreti, 9 curati, 35 vicari e 21 procuratori del clero diocesano: i quali tutti dettero il loro consenso e si sottoscrissero. Il sinodo fu stampato in Palermo nel 1610 sotto il titolo: “Constitutiones Diocesanae Synodi Vincentii Bonincontro Episcopi Agrigentini”.
1630 Poi Mons. Francesco Trahina il 3 ottobre 1630 celebrò un sinodo nella cattedrale. Questo sinodo dà molte notizie circa l’ordinamento della Curia vescovile. Le costituzioni furono stampate in Palermo nel 1632 da Decio Cyrillo.
In un documento dell’Archivio Storico Diocesano leggiamo che il Vicario Generale confermava le Costituzioni Sinodali e tutti gli ordini di mons. Francesco Trahina, validi per tutto il tempo in cui sarà assente il nuovo Vescovo, mons. Ferdinando Sanchez de Cuellar (ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1652-53, 422).
1655 Quest’ultimo il 6 giugno del 1655 celebrò un sinodo diocesano nella cattedrale. La preparazione del Sinodo fu preceduta da una lettera dell’8 aprile 1655, presente tra i documenti del nostro Archivio Storico Diocesano, che ci informa come il Vescovo, in vista del Sinodo Diocesano, si preoccupava che potessero sorgere “discrimina” tra Priori, Arcipreti, Parroci, Beneficiali, Curati, Vicari e Procuratori “propter loca tum in sedendo tum in votando” e in tutte le altre funzioni e chiedeva di provvedere (ASDA, Atti del Vescovi, Reg. 1653-56, 393v). L’editto di indizione, invece, del 4 giugno 1655, conservato sempre tra i documenti del nostro Archivio, riporta che “Domenica mattina prossima, 6 del presente mese di giugno” vi doveva essere un raduno in Cattedrale per la pubblicazione “della sinode diocesana”. Per l’occasione, il Vescovo desiderava che si suonassero le campane il sabato sera, la domenica e il lunedì (cfr. ibidem, 382). Il sinodo contò due sessioni in due giorni consecutivi. Le costituzioni si dividono in cinque parti ogni parte si suddivide in capitoli o titoli, secondo la consueta disposizione. La prima parte trattava della fede ed argomenti attinenti; la seconda dei sacramenti; la terza del culto divino, dell’organizzazione del Capitolo e delle processioni; la quarta dei parroci, dei costumi dei chierici, del seminario, monache, confraternite, opere pie, clero regolare, immunità ecclesiastica, legati pii, funerali, usanze abusive nelle chiese; l’ultima parte si occupava della sacra visita, diritto penale canonico, ordine giudiziario e procedura giurisdizione e sinodo. Le costituzioni furono stampate in Palermo nel 1655 dal Bua.
1680 In seguito Mons. Francesco Maria Rhini, verso il 1680 convocò un sinodo diocesano (Pirri, I, 725). Le costituzioni non furono edite.
1703 Infine, Mons. Francesco Ramirez nel novembre del 1703 celebrò un sinodo diocesano nella cattedrale. Il sinodo contò tre sessioni. Le costituzioni si dividono in cinque parti; ogni parte in titoli. La prima parte tratta della fede; la seconda dei sacramenti la terza degli ufficii divini e dell’organizzazione del capitolo; la quarta dei parroci, costumi dei chierici, seminario, clero regolare, confraternite, opere pie, immunità ecclesiastica, funerali; la quinta della sacra visita, diritto canonico penale, giurisdizione e sinodo. Le costituzioni furono stampate in Girgenti nel 1704.
1850 ? Secondo il Narbone (II, 316),il vescovo di Girgenti Domenico Maria Giuseppe Lojacono nel 1850 celebrò un sinodo diocesano le cui costituzioni rimasero inedite. Purtroppo non abbiamo notizie certe in merito.
Bibliografia
R. Pirri, Sicilia sacra, disquisitionibus et notis illustrata, I, rist. anast., Sala Bolognese 1987;
G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, v. Sinodo, LXVI, 264ss;
A. Narbone, Bibliografia sicola sistematica o Apparato metodico alla storia letteraria della Sicilia, I-IV, Palermo 1850-1855;
C.A. Garufi, Documenti inediti dell’epoca normanna in Sicilia, Palermo 1899;