I luoghi di San Calogero*
Data:
9 Luglio 2024
Conoscere la figura di San Calogero, la sua vita, la devozione che gli si tributa, il folklore che gira attorno alla sua festa non deve essere avulso dal conoscere i luoghi che hanno visto vivere San Calogero, i luoghi dove la devozione dei fedeli si è espressa, e continua ad esprimersi. Se è vero che alcuni luoghi sono più legati alla figura di San Calogero, non possiamo non rilevare come tutta la città è un luogo di presenza del Santo, ma questo lo vedremo nella conclusione del nostro excursus, che ci vede camminare, come in un pellegrinaggio, per Agrigento per conoscere i luoghi legati nella storia al culto a San Calogero.
Santuario
Il luogo per eccellenza è il Santuario, non potrebbe essere altrimenti. Una Chiesa sorta probabilmente tra il XIII e il XIV secolo, forse eretta nel luogo dove già sorgeva una più antica chiesa o cappella[1], ciò può essere avvalorato dall’orientamento della Chiesa nell’asse nord-sud, anziché come era consueto al tempo nell’asse ovest-est.
Le più antiche notizie storiche su tale presenza importante le abbiamo pubblicate in un nostro precedente studio. Rileviamo nel registro più antico dell’Archivio Storico Diocesano la notizia che esisteva già il beneficio di S. Calogero extra moenia di Agrigento il 17 luglio 1511[2]. Possiamo pertanto dedurre che già in quella data esisteva una Chiesa dedicata al Santo Taumaturgo, che ritroviamo nella visita pastorale del 1540-1541: «Ecclesia di Santo Caloyaro fora la ditta cità di Gigenti»[3].
A questa chiesa, che godeva anche di un beneficio, cioè delle prebende per la celebrazione di messe, era legato anche un Canonicato, detto di San Calogero extra moenia di Agrigento, del quale con una lettera datata 17 aprile 1560 veniva accettato il conferimento da Don Giuseppe de Lauricella[4].
Tanto si era diffuso il culto a San Calogero che la chiesetta risultava piccola, così che nel 1573 Mons. Giovanni Battista Hogeda de Herrera concedeva allo spettabile Girolamo la Ficarra, a Stefano Pallavicino, a mastro Girolamo Naso, a Tommaso Martorana e a mastro Tommaso Muscarca, rettori della Chiesa di San Calogero extra moenia di Agrigento, la licenza di “ampliare et frabicare” la chiesa e di fondare la confraternita[5].
Alla fine del ‘500, quando già la Confraternita era attiva e la devozione a San Calogero era diffusa, troviamo notizia che i Rettori e i Confrati della Confraternita di S. Calogero hanno raccontato che “la frequentia di populi et devoti che solevano andari a detta Chiesa è quasi mancata per respettu che nella strata, che innanti detta Chiesa hanno a loro spesi fatto per commodo di quelli che visitano detta Chiesa, ogni matina vi manegianocavalli e con questo si impedisci la devotione di populi”[6]. Comprendiamo dalle notizie ricavate da questa lettera che la devozione al Santo era diffusa, tanto che viene chiesto l’intervento dell’autorità ecclesiastica per evitare che la presenza di cavalli e delle loro deiezioni potessero allontanare i fedeli dal praticare la loro pietà verso San Calogero nella sua Chiesa. Queste testimonianze ci narrano una devozione in fermento, anzi in continuo aumento, e poiché la Chiesa era fuori le mura, quindi in un luogo isolato, rende ancora più verace la presenza in quei luoghi, poi divenuto Santuario, dell’eremita San Calogero.
Grotta
Strettamente legata al Santuario, data l’attestazione della presenza di San Calogero in quei luoghi, è la grotta di San Calogero, un tempo ancora visibile e visitabile, adesso non più.
Nell’antro attiguo all’eremo, scrive il Morreale, c’era la vera grotta di San Calogero e il vano attiguo all’attuale Chiesa si prolunga in oscure grotte fino al palazzo Bonsignore[7]. Ciò lo riporta anche Mons. De Gregorio, supportando con documenti notarili del ‘700 la presenza di queste grotte, comunemente dette dagli agrigentini grotte di San Calogero, ma non sembra siano queste state l’abitazione del Santo, dati gli usi più vari che ne vennero fatti (fornaci, depositi, pagliai, ecc.). Probabilmente, come si ritrova anche in altri Santuari dedicati al Santo la grotta di San Calogero sorgeva nel posto dove sorge la Chiesa oggi, come a Sciacca, che uscendo dal Santuario e scendendo per la ripida discesa che costeggia la Chiesa si può visitare la grotta del Santo[8].
Annota ancora il De Gregorio, come nel lato nord sotto la Chiesa c’è una grotta incavata nella roccia «da cui, sino a non molto tempo fa si attingeva l’acqua alla quale la gente attribuiva un potere curativo. I vecchi se ne ricordano ancora e fu osservata anche recentemente durante i lavori eseguiti per togliere l’umidità dalle pareti vicine», affermava l’allora rettore del Santuario Sortino[9]. La costruzione dell’eremo sul lato est della Chiesa avrà occupato parte dell’antica grotta, chissà se con prossimi restauri del complesso della sacrestia si riesca a rivedere tale elemento, che testimonia la presenza viva del Santo in questo luogo.
Eremo
Poco sappiamo dell’eremo sorto accanto alla Chiesa di San Calogero. Il De Gregorio afferma che «era piccolo e, forse, derivava dall’ampliamento della casa del cappellano di cui si parla nel documenti del XVI secolo; doveva servire agli eremiti calogeriani che custodivano la chiesa»[10].
Tale Romitorio, già esistente nel XVIII secolo, ma che versava in condizioni poco edificanti dal punto di vista spirituale, fu disciplinato dal Vescovo di Agrigento Mons. Lucchesi Palli, che il 5 agosto 1758, scrivendo a p. Francesco Indelicato ed eleggendolo quale superiore del Romitorio di S. Calogero di Agrigento, gli ordinava, a causa della poca osservanza delle disposizioni eremitiche, di sopperire ai disordini creatisi nel Romitorio e ripristinare la Regola. Pertanto, imponeva ai romiti di prestare a questi cieca obbedienza, sotto pena di essere scacciati dal romitorio, come in effetti già dispose per fra Felice e fra Calogero, a causa della poca edificazione data con il loro cattivo esempio, eleggendo quale rettore della Chiesa p. Pietro Maria da Girgenti, riformato, mentre nel Romitorio vi si trovavano il p. Superiore e altri tre romiti[11].
Nel 1863 i francescani dal convento di San Vito si trasferirono a San Calogero, perché il convento venne trasformato in carcere, e ampliarono l’eremo, trasformandolo in un conventino, che abbandonarono a causa delle leggi eversive nel 1866[12].
Valle dei Templi
Un altro “luogo di San Calogero” è da considerare la Valle dei Templi. Era lì che sorgeva la città in epoca paleocristiana e bizantina. È lì che San Calogero sicuramente doveva andare per assistere alle Sacre funzioni, nella Basilica bizantina e per predicare il Vangelo.
È importante che anche oggi i festeggiamenti di San Calogero coinvolgano la Valle dei Templi con la manifestazione organizzata ogni anno, ci ricorda questo legame di quella Valle, dove sorgeva l’antica Agrigentum, con il nostro Santo che ha percorso le vie di quella città durante la sua esistenza terrena nei periodi di soggiorno ad Agrigento.
Monasteri
Ma i “luoghi di San Calogero” non si chiudono con quelli appena elencati, sarebbe troppo riduttivo. La forte devozione al Santo ha reso “luoghi di San Calogero” parecchi altri spazi, primi tra i quali i Monasteri femminili presenti ad Agrigento.
Nei secoli passati ad Agrigento sorgevano tre monasteri. Il primo è il Monastero di Santo Spirito, detto anche la Badia Grande, perché il più importante. Abitato dalle Cistercensi è stato sempre meta della processione del Santo, fino ai nostri giorni.
Il secondo era quello di Santa Maria del Soccorso, detto Badiola, perché meno grande del precedente, abitato una volta dalle monache sotto la regola del terz’ordine francescano. Lì adesso sorge la Parrocchia di San Michele detta Badiola ed ancor oggi da lì passa la processione.
Infine il terzo Monastero di Santa Maria Assunta in San Vincenzo delle clarisse, che sorgeva all’angolo con Salita San Vincenzo, Via Santa Maria dei Greci, Salita Itria, dove ancora oggi il Santo, uscendo da via San Girolamo, si dirige in ricordo di tale presenza.
Perché questi Monasteri li annoveriamo tra i luoghi di San Calogero? Perché abbiamo notizie documentali di tale costante presenza della processione del Santo in questi luoghi.
Siamo nel 1758 ed il vescovo Lucchesi Palli, dopo tre anni di episcopato, essendosi trovato fuori da Agrigento per la festa di San Calogero, fu avvisato degli “sconcerti gravissimi occorsi nella Solennità di San Calogero per il modo di condurre irriverentemente la statua del Santo”, e fu esortato dal viceré di proibirla con un editto, nel quale si prescrivessero le pene canoniche contro coloro che avessero fatto scendere la statua del Santo dal suo altare e si rimproverasse qualche chierico, che invece di calmare le cose le fomentasse. Il viceré aveva fatto il suo compito ordinando ciò al capitano della Città e implorava al vescovo di fare la sua parte. In una seconda lettera del 27 giugno dello stesso anno il viceré scriveva che poteva essere portata in processione la reliquia di San Calogero, invece che la statua. Il vescovo, pertanto, ordinò il 30 giugno dello stesso anno attraverso un editto che non si dovesse rimuovere la statua di San Calogero dall’altare e che non si conducesse processionalmente, né nella città, né nella chiesa, sotto pena di scomunica; soltanto le reliquie di S. Calogero potevano essere condotte in processione, purché la processione procedesse con devozione e decenza. Il 1 luglio la copia dell’editto fu posta sulla porta della Cattedrale e della chiesa di san Calogero e nei luoghi pubblici consueti[13].
Per tre anni la processione non ci fu. Nel 1762 il viceré da Palermo scriveva ancora al vescovo, implorandolo di riprendere la processione di San Calogero “per la forte devozione del popolo”, proibita a causa dei disordini. Il vescovo così emanò degli accorgimenti per far riprendere la processione, cioè, fare una vara più leggera, far seguire la processione dal cappellano e dalla confraternita e che la processione non entrasse in nessun monastero. Questa notizia, cioè che la processione non doveva entrare in nessun monastero indica che probabilmente i “gravissimi sconcerto occorsi” anni prima erano avvenuti in una Chiesa di un monastero[14]. Non sappiamo di cosa si trattasse, ma un documento successivo ci da un altro importante elemento.
Due anni dopo Mons. Lucchesi Palli, a modifica delle decisioni precedenti, esortava i governatori della società di san Calogero a soddisfare le “divote brame delle nostre religiose del monastero di Santo Spirito” e portare “la sagra immagine di San Calogero nel cortile del monastero di Santo Spirito”, la processione non doveva entrare però nella Chiesa del monastero, sotto la pena di carcere[15]. Ciò ci mostra due cose importanti. Da un lato la forte devozione delle monache a San Calogero, tanto da richiedere il passaggio della processione dal monastero, in secondo luogo come prima di quella data la statua entrava nelle chiese dei monasteri, poiché vi occorse grave scandalo all’interno di una di esse, il vescovo ne vietò l’ingresso, ma ancor oggi il Santo visita questi luoghi a segno e testimonianza della forte devozione delle consacrate di ieri e di oggi al Santo.
Chiese
Come i monasteri a cui abbiamo accennato, anche alcune chiese della città sono strettamente legati alla festa di San Calogero e possiamo chiamare anche “luoghi di San Calogero”.
La prima chiesa è San Francesco di Paola. Nella foggia in cui la conosciamo oggi è la costruzione della nuova Chiesa dopo il crollo della vecchia costruzione nei primi del ‘700. Vi officiavano i padri minimi di San Francesco di Paola. L’importanza di tale chiesa come “luogo di San Calogero” è legata ad una tradizione nata verso la fine dell’800.
Lo Sclafani-Gallo, nel suo articolo sul festino di Girgenti, ci da testimonianza della processione della cera il giovedì prima della festa, che nella prima metà dell’800 era sconosciuta. Da una Chiesa lontana, scrive lo Sclafani-Gallo nel 1887, si portavano in una processione accompagnata dai tamburi i canestri pieni di cera che doveva ardere davanti al Santo nei giorni della festa[16]. Una descrizione più dettagliata è riportata dalla De Luca nel 1894, che ci informa che questa processione avveniva perché durante tutto l’anno la cera per San Calogero veniva portata nella Chiesa di San Francesco di Paola, da lì le candele, due o tre giorni prima della festa, venivano poste su ceste o vassoi ornati di nastri, garofani e menta e, accompagnate dalla banda, dai tamburi e dalle fiaccole, giungevano al Santuario tra una folla di devoti[17]. Come vediamo era una processione probabilmente agli albori, non aveva ancora un giorno definito, tanto che nel 1894 fu effettuata il venerdì[18] e ai primi del ‘900 il La Rocca parla del «venerdì della cera»[19], così anche l’Alajmo[20] e il La Sorsa[21], illustrando una processione animata da fiaccole e talvolta da una barca vecchia, tirata da buoi, illuminata di ceri e guarnita con festoni, che poi veniva bruciata.
L’altra Chiesa è l’Addolorata. Costruita nella seconda metà del ‘600 nel luogo dove sorgeva un’antica cappella dedicata a Santa Maria del Cannone, detta anche dei Sette dolori, divenne meta di pellegrinaggio da parte dei fedeli di tutta la città. La consideriamo “luogo di San Calogero” perché, come ci informa la De Luca, la processione due ore dopo la partenza dal Santuario giungeva all’Addolorata e lì lasciata. Il popolo dopo le quattro andava a prendere il Santo per ricondurlo alla sua Chiesa[22].
L’anonimo templare afferma che un’ora prima di mezzogiorno si levava dalla nicchia il simulacro per la processione, che era seguita soltanto dal laico francescano. La statua veniva sbattuta per i muri involontariamente, perché perdevano l’equilibrio. Così si arrivava all’Addolorata, passando dalla Cattedrale, dopo tre o quattro ore di cammino[23]. Possiamo considerare allora la Chiesa dell’Addolorata come un altro “luogo di San Calogero”, perché meta abituale della processione, lì si incontrano due devozioni forti di Agrigento: a San Calogero e all’Addolorata.
La terza è la Cattedrale che, sebbene per un fugace momento di passaggio, vede la presenza del Santo nella processione mattutina, dove va a trovare il Santo Patrono Gerlando, ma anche luogo di una terza devozione importante per Agrigento: il Nazareno.
Città
Alla fine di questo percorso che ci ha fatto ripercorrere i “luoghi di San Calogero”, posti dove lui è stato realmente ed ha vissuto e posti dove si è manifestata nel passato e si continua a manifestare la devozione a San Calogero, possiamo affermare che tutta la città di Agrigento dobbiamo considerare “luogo di San Calogero”, non soltanto la città, ma anche le frazioni quali Villaseta, Fontanelle, San Giusippuzzu, ecc., lo attestano le varie edicole votive al Santo nate nel corso del tempo in vari punti della città, le immagini sacre che ogni famiglia ha nella propria casa, sul proprio luogo di lavoro, nell’abitacolo del proprio veicolo, nel portafogli, lo attestano i pellegrinaggi che ogni anno partono da questi luoghi per raggiungere il Santuario a piedi, talvolta anche scalzi, al mattino presto o alla sera, pieni di devozione e di desiderio di incontrare il Santo delle grazie.
Possiamo, pertanto, affermare che “luogo di San Calogero” per eccellenza è il cuore degli agrigentini che, votato a Dio, diventa il luogo in cui l’amore per San Calogero nasce dall’esempio familiare, cresce nel vivere la festa e si manifesta in quei segni di devozione, che più volte abbiamo rilevato nel corso dei nostri studi sulla stupenda figura del Santo più amato dagli agrigentini[24].
* Relazione tenuta dal Direttore dell’Archivio Storico Diocesano il 9 luglio 2024 presso il Santuario di San Calogero nella Tavola Rotonda sul Tema: Arte e fede “I Luoghi di San Calogero”.
[1] Cfr. D. De Gregorio, San Calogero. Studio sul Santo e il suo culto, Agrigento 20032, 90.
[2] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1510-21, 52r-v
[3] ASDA, Visite Pastorali, Reg. Vis. 1540-41, 47r
[4] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1559-60, 10v
[5] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1573-74, 233r-v
[6] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1598-99, 240v-241r
[7] Cfr. G.M. Morreale, San Calogero di Sciacca, Sciacca 1975, 95-96.
[8] Cfr. D. De Gregorio, San Calogero. Studio sul Santo e il suo culto, Agrigento 20032, 87-88.
[9] Cfr. D. De Gregorio, San Calogero. Studio sul Santo e il suo culto, Agrigento 20032, 88.
[10] D. De Gregorio, San Calogero. Studio sul Santo e il suo culto, Agrigento 20032, 89.
[11] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1757-58, 372r-v
[12] Cfr. D. De Gregorio, San Calogero. Studio sul Santo e il suo culto, Agrigento 20032, 89.
[13] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1757-58, 850v– 852r
[14] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1761-62, 301r-v
[15] ASDA, Atti dei Vescovi, Reg. 1763-64, 320v
[16] Abbiamo notizia da «Il cittadino cattolico», III, 27 (1893), che la processione partiva dalla Chiesa dell’Addolorata, mentre il successivo anno da quella di San Francesco di Paola, cfr. «Il cittadino cattolico», IV, 27 (1894).
[17] Cfr. I. De Luca, Voti e feste a San Calogero in Girgenti, in «Rivista delle tradizioni popolari italiane», I (1894), 792.
[18] Cfr. «Il cittadino cattolico», IV, 27 (1894).
[19] G. La Rocca, La festa di San Calogero, Girgenti 1926, in E. Di Bella, La festa di San Calogero nel secolo scorso, Agrigento 1990, 49-50.
[20] Cfr. A. Giuliana Alajmo, La festa di San Calogero di mezzo secolo fa in Agrigento, in «L’Amico del Popolo», 27 (1968),3.
[21] Cfr. S. La Sorsa, San Calogero nel folklore e nella leggenda, in «Lares», III, 3-4 (Dicembre 1932), 64.
[22] Cfr. I. De Luca, Voti e feste a San Calogero in Girgenti, in «Rivista delle tradizioni popolari italiane», I (1894), 794-796.
[23] Cfr. Un Templare, Ricordi di Girgenti, Agrigento 18993, 50-51.
[24] Cfr. G. Lentini, Appunti d’Archivio e brevi considerazioni circa la festa di S. Calogero in Agrigento, in C. Principato (a cura di), Rassegna stampa. Festeggiamenti in onore di S. Calogero (Agrigento 28 giugno – 8 luglio 2018), Tricase 2018, p. 6-9; Id., La festa di San Calogero in Agrigento tra l’800 e il ‘900. Nuove piste di ricerca, in C. Principato (a cura di), Rassegna stampa. Festeggiamenti in onore di S. Calogero (Agrigento 5 – 14 luglio 2019), Lecce 2019, 49-59; Id., San Calogero: spiritualità e patrimonio culturale di una comunità, in https://www.archiviostoricodiocesiag.it/san-calogero-spiritualita-e-patrimonio-culturale-di-una-comunita, Agrigento 2023.
Ultimo aggiornamento
10 Luglio 2024, 08:42